venerdì 8 marzo 2013

«Avrei potuto fare di più. Questo rimpianto non mi lascia mai.» Irena Sendler



Irena Sendler a 32 anni
Leggete la storia di questa donna, imparate da lei 
e ricordatela per sempre!

 Irena Sendler nacque in una famiglia polacca nella periferia operaia di Varsavia. Il padre, Stanisław Krzyżanowski, era medico e morì di tifo nel febbraio 1917, dopo aver contratto la malattia mentre assisteva ammalati che altri suoi colleghi si erano rifiutati di curare. Molti di questi ammalati erano ebrei: dopo la sua morte, i responsabili della comunità ebraica di Varsavia si offrirono di pagare gli studi di Irena come segno di riconoscenza. Terminati gli studi, cominciò a lavorare come assistente sociale nelle città di Otwock e Tarczyn. Durante la Seconda Guerra Mondiale si trasferì a Varsavia e cominciò ad impegnarsi per salvare gli Ebrei dalla persecuzione: con altri collaboratori, riuscì a procurare circa 3.000 falsi passaporti per aiutare famiglie ebraiche. 

Nel 1942 Irena entrò a far parte della Resistenza Polacca con lo scopo di salvare più Ebrei possibili. Come dipendente dei servizi sociali della municipalità, Irena ottenne un permesso speciale per entrare nel Ghetto alla ricerca di eventuali sintomi di tifo (i tedeschi temevano che una epidemia avrebbe potuto spargersi anche al di fuori del Ghetto stesso). Durante queste visite, la donna portava sui vestiti una Stella di Davide come segno di solidarietà con il popolo ebraico, come pure per non richiamare l'attenzione su di sé. 

Irena, il cui nome di battaglia era "Jolanta", insieme ad altri membri della Resistenza, organizzò così la fuga dei bambini dal Ghetto. I bambini più piccoli vennero portati fuori dal Ghetto dentro ambulanze o altri veicoli. In altre circostanze, la donna si spacciò per un tecnico di condutture idrauliche e fognature: entrata nel ghetto con un furgone, riusciva a portarne fuori alcuni neonati nascondendoli nel fondo di una cassa per attrezzi, o alcuni bambini più grandi chiusi in un sacco di juta. Nel retro del camion teneva anche un cane addestrato ad abbaiare quando i soldati nazisti si avvicinavano, e a coprire così il pianto dei bambini.Fuori dal Ghetto, Irena forniva ai bambini dei falsi documenti con nomi cristiani, e li portava nella campagna, dove li affidava a famiglie cristiane. Irena Sendler annotò i veri nomi dei bambini accanto a quelli falsi e seppellì gli elenchi dentro bottiglie e vasetti di marmellata sotto un albero del suo giardino, nella speranza di poter un giorno riconsegnare i bambini ai loro genitori.

Nell’ottobre 1943 Irena venne arrestata dalla Gestapo: fu sottoposta a pesanti torture (le vennero spezzate gambe e braccia, tanto che rimase inferma a vita), ma non rivelò ma il suo segreto. Condannata a morte, venne salvata dalla rete della Resistenza Polacca, che riuscì a corrompere con denaro i soldati tedeschi che avrebbero dovuto condurla all'esecuzione. Il suo nome venne così registrato insieme con quello dei giustiziati, e per i mesi rimanenti della guerra visse nell'anonimato, continuando però a organizzare i tentativi di salvataggio di bambini ebrei.

La Sendler con alcune persone da lei salvate quando erano bambini 
(Varsavia, 2005)

Terminata la guerra e l'occupazione tedesca, i nomi dei bambini vennero consegnati ad un Comitato Ebraico, che riuscì a rintracciare circa 2.000 bambini, anche se gran parte delle loro famiglie erano state sterminate a Treblinka e negli altri lager. Nel 1965, Irena Sendler venne riconosciuta dallo Yad Vashem di Gerusalemme come una dei Giusti tra le nazioni. Soltanto in quell'occasione il governo comunista le diede il permesso di viaggiare all'estero, per ricevere il riconoscimento in Israele.

La storia della vita della Sendler venne riscoperta nel 1999 da alcuni studenti di un college del Kansas  che hanno lanciato un progetto per fare conoscere la sua vita e il suo operato a livello internazionale. Il 10 ottobre 2003 essa ricevette la più alta decorazione civile della Polonia, l'Ordine dell'Aquila Bianca, e il premio Jan Karski "Per il coraggio e il cuore", assegnatole dal Centro Americano di Cultura Polacca a Washington, D.C. Nel 2007, l'allora Presidente della Repubblica di Polonia Lech Kaczyński, avanzò la proposta al Senato del suo Paese perché fosse proclamata eroe nazionale. Il Senato votò a favore, all’unanimità. Invitata all'atto di omaggio del Senato il 14 maggio dello stesso anno, all'età ormai di 97 anni, non fu in grado di lasciare la casa di riposo in cui risiedeva, ma mandò una sua dichiarazione per mezzo di Elżbieta Ficowska, che Irena stessa aveva salvata da bambina. Il nome di Irena Sendler venne anche raccomandato dal Governo polacco per il premio Nobel per la pace, con l'appoggio ufficiale dello Stato di Israele espresso dal suo primo ministro Ehud Olmert (anche se queste nomine dovrebbero essere mantenute segrete). Alla fine tuttavia, il premio venne assegnato a Al Gore.

 

Irena Sendler si è spenta il 28 maggio 2008, ma i suoi sacrifici, la sua fatica e i bambini che ha salvato a rischio della vita non dovrebbero mai essere dimenticati.



« Ogni bambino salvato con il mio aiuto è la giustificazione della mia esistenza su questa terra, 
e non un titolo di gloria »
(Dalla lettera di Irena al Parlamento polacco)