Mi
chiamo Maria Luisa Cini e sono nata a Roma nel 1960. Mio padre morì quando mia
madre rimase incinta del suo terzo bambino. Cosi, per mancanza di mezzi di
sostentamento, mia madre fu costretta a ritornare nella sua regione d’origine: il Friuli. Ho un
fratello e una sorella più piccoli di me che sono sposati.
Siamo
cresciuti in quartieri popolari e, mio fratello ed io, abbiamo passato alcuni
anni della nostra infanzia in un collegio gestito da suore. Non era un ambiente
molto felice e da subito mi convinsi che Dio non esisteva e, se mai fosse
esistito, era abbastanza crudele da averci abbandonati a noi stessi. Mi venne
insegnato che dovevo seguire le regole e i riti cattolici, confessare i peccati
una volta a settimana (e da bimba ingenua che ero, inventavo parecchi peccati
che non commettevo pur di ricevere l’assoluzione), dovevo fare la comunione, la
cresima e cercare di essere più buona possibile, cosa che non sempre mi
riusciva.
Quando
avevo 9 anni mia madre si risposò e mio patrigno ci tolse dal collegio. Ben
presto però, iniziò a bere e la nostra vita si trasformò in un inferno. Con noi
abitava anche mia nonna, molto malata e, a causa della malattia o di come lei
stessa era stata cresciuta, alle volte era molto violenta.
A
14 anni iniziai a lavorare e a frequentare discoteche, a bere e fumare… mi
sentivo grande, adulta e cercavo di rimanere il più possibile fuori casa. La
mia vita era totalmente vuota e priva di senso… lo era tutta la nostra vita
familiare in effetti. Andavamo avanti per forza d’inerzia.
Un giorno, in preda a una crisi isterica,
presi un tubetto di pillole e, davanti agli occhi di mia madre, ne ingurgitai
parecchie, dicendole che per me era meglio morire che vivere in quella
famiglia. Mi chiusi in camera e, stesa sul letto aspettavo la morte… che però
non giunse. Dopo un po’ sentii mia madre dalla cucina che mi diceva: “Tanto non morirai affatto con queste
pasticche… avrai solo tanto mal di pancia…” Avevo preso il tubetto
sbagliato. Un’altra volta mi trovavo sul ponte del Diavolo a San Daniele, anche
li ero pronta a buttarmi di sotto, ma un automobilista che mi riconobbe mi
soccorse, penso in tempo.
A
16 anni il Friuli fu letteralmente scosso da un tremendo terremoto e, dato che
la nostra casa era seriamente danneggiata, passammo diverso tempo in un prefabbricato
fornitoci da alcuni missionari credenti venuti dal Messico per soccorrerci.
Un
giorno tre giovani vennero da noi per portarci una Bibbia e uno studio biblico
ordinato per corrispondenza da mio fratello. Per lui era un affare perché
gratis. Quando aprii la porta, mia madre ed io eravamo in piena litigata con
urla e bestemmie. I tre giovani entrarono, due erano canadesi e non capivano
una sola parola di quanto stavamo dicendo. L’altro un giovane di Ferrara, ci
disse con voce angelica: “Siamo venuti
per dirvi che Dio vi ama e che Cristo è morto per voi” al che, mia madre ed
io, cominciammo a infierire contro di loro e a trattarli malissimo. Dopodiché,
mi alzai e li sbattei letteralmente fuori casa. Francesco, il giovane italiano,
ci disse dall’altra parte della porta: “torniamo
domani, magari sarete più calme.” E così fu, eravamo più tranquille e sia
mia madre che io ci sfogammo con lui raccontandogli tutte le nostre sofferenze
e delusioni. Non ho molti ricordi di quel periodo, ma ricordo che Francesco ci
disse: “Io so che Dio fa la differenza
nella vita delle persone. Venite domenica al nostro culto, ascoltate, osservate
e poi ne parliamo.”
Nei
giorni seguenti, in attesa della domenica, mentre camminavo per strada, più
volte dissi a Dio nel mio cuore: “Se ci
sei, batti un colpo… se esisti veramente, fatti sentire… dammi un segno… io non
ce la faccio più a vivere questa vita. Dimostrami che esisti.” Questo era
il mio grido verso Dio. La domenica ci recammo in una roulotte dove un
piccolissimo gruppo di credenti (non più di una quindicina) si incontravano. In
precedenza avevo frequentato i Mormoni in cerca di risposte e amicizia, quindi,
mentre mi trovavo lì, decisi nel mio cuore di non farmi coinvolgere in un’altra
setta. Due cose mi colpirono: la prima, la calda accoglienza che avevo ricevuto
dal gruppo. Una ragazza canadese mi abbracciò forte forte e mi disse di essere
felice di conoscermi… mai nella mia vita qualcuno mi aveva trasmesso un tale
calore o mi aveva abbracciata così forte. Mi chiesi perché mi dimostrasse tanto
amore, dopotutto era la prima volta che mi vedeva… boh… La seconda era che
tutti avevano una propria Bibbia e ne
misero una in mano anche a me.
Mentre
si svolgeva il culto, io sfogliavo distrattamente la Bibbia e, guarda caso, la
aprii al momento dell’arresto di Gesù nel Getsemani; iniziai a leggere e feci
il tifo per Pietro mentre staccava l’orecchio a Malco, ma rimasi sconcertata
dalle parole e atteggiamento di Gesù: “Ed
ecco, uno di quelli che erano con lui, stesa la mano, prese la spada, la
sfoderò e, colpito il servo del sommo sacerdote, gli recise l'orecchio. Allora
Gesù gli disse: «Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che
prendono la spada, periranno di spada. Credi forse che io non potrei pregare il
Padre mio che mi manderebbe in questo istante più di dodici legioni d'angeli?
Come dunque si adempirebbero le Scritture, secondo le quali bisogna che così
avvenga?»”(Matteo 26:51-55)
E
li mi fermai: o Gesù era un pazzo, o un maniaco suicida oppure era un uomo veramente
straordinario. Continuai a leggere della sua morte e resurrezione e le lacrime
iniziarono a scorrere sul mio viso. Pregai nel mio cuore e chiesi a Dio di
perdonarmi, di darmi una nuova esistenza, uno scopo per vivere e andare avanti,
una speranza per il futuro e Dio rispose. Mi sentii di nuovo abbracciata forte
forte e questa volta dal Creatore in persona. Nel mio cuore sentii che
finalmente avevo un Padre.
Nei
giorni seguenti divorai letteralmente la mia prima Bibbia e, giorno dopo giorno,
Gesù divenne il mio migliore amico, confidente, Signore, Padrone, Redentore.
Decisi che avrei vissuto per Dio e che niente e nessuno mi avrebbe impedito di
seguire Cristo, dovunque Lui avesse voluto.
Però,
aumentarono le difficoltà con il mio patrigno, mi innamorai di un ragazzo non
credente, lasciai la casa e iniziai a bere sul serio, quindi per un bel po’ di
tempo mi dimenticai della promessa fatta a Dio. Passai così un anno a zonzo per
il circondario di Udine alla ricerca di lavoro, spesso in situazioni
pericolose, ma sempre protetta e salvata in extremis da Dio. Finalmente mi
fermai e trovai casa a Pordenone con una ragazza della zona. Lei ascoltava una
radio strana che trasmetteva tanta bella musica e niente pubblicità. Un giorno
lo speaker di turno, parlò di un brano della Bibbia, Romani 8:28-39, e lo
Spirito Santo dentro di me mi colpì in maniera molto diretta facendomi capire
che avevo dimenticato e ignorato del tutto queste stupende parole. Mi
inginocchiai, chiesi perdono a Dio e gli promisi solennemente gli avrei dimostrato
serietà e impegno nel mio essere Sua figlia e discepola di Cristo. Quel giorno
consacrai la mia vita a Lui e ricominciai daccapo il mio rapporto con Dio. Mi
misi subito in contatto con tale emittente radio e dopo una settimana iniziai uno
studio biblico con Vichi, una missionaria texana. Dopo circa un mese mi
trasferii a casa sua. Ricordo che, quando tornavo dal lavoro, ci sedevamo in
cucina, io mi preparavo il mio doppio wischy con ghiaccio, accendevo la mia
sigaretta, aprivo Bibbia e quaderno e le dicevo: “Ok, Vichi, che cosa studiamo oggi?”
Piano
piano, attraverso lo studio delle Scritture, compresi che dovevo eliminare
dalla mia vita tutte quelle cose che Gesù non avrebbe mai fatto o desiderato da
me. Ce lo vedi tu Gesù con il Suo wischy e sigaretta mentre predica il Sermone
sul Monte? Ho anche lasciato il mio fidanzato che non voleva accettare Gesù
come Signore e vivere per Lui. È stato doloroso? Tantissimo, ma ne è valsa
proprio la pena.
Nel
1979 Dio mi ha guidato a frequentare una scuola biblica a Roma. Per tre anni ho
studiato le Scritture focalizzato meglio la mia chiamata al Suo servizio. Un
giorno il preside della scuola predicò da Isaia 6:8 e il richiamo di Dio non mi
dava pace… era come se Dio aspettasse una mia personale risposta: “Chi manderò e chi andrà per noi?”
Finalmente, dopo giorni di preghiera e riflessione, mi sentii pronta per dire: “Eccomi, manda me”. Ma dove? Come?
Quando? Un versetto in Ecclesiaste fu la mia guida nei primi anni dopo il
termine dei miei studi: “Tutto quello che
la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze…”, (9:10) e così
feci. Per molti anni ho collaborato con una missione a favore dei non vedenti,
con alcune emittenti radio, con Voce della Bibbia e attraverso questi impegni
ho realizzato che Dio mi stava preparando per l’evangelizzazione tramite la
radio, strumento da Lui utilizzato anche nella mia vita.
Nel
corso degli anni Dio si è servito di varie persone e situazione per raffinarmi
e modellarmi e so che continuerà a farlo. Uno strumento che Dio ha usato
tantissimo nella mia vita è stata una malattia cronica che mi sono portata
dietro per circa 24 anni, mi ha procurato parecchi disagi e dolori fisici alle
volte molto pensanti. Ho passato parecchie settimane in ospedale senza sapere
quando e se la situazione sarebbe mai migliorata. La presenza di Dio e la Sua
Parola mi hanno dato la forza di sopportare ogni cosa, sapendo che la grazia di
Dio era più che sufficiente per me e che io posso ogni cosa in Cristo mia forza
(2 Corinzi 12:8-10; Filippesi 4:13). Ad un certo punto Dio ha detto basta alla
malattia che, misteriosamente, è scomparsa da circa 10 anni. I medici
continuano a tenermi sotto controllo, ma ad ogni analisi, il riscontro è sempre
negativo. Per me gli anni di dolore fisico sono stati una scuola di vita molto
preziosi e, anche se molto pesanti, ringrazio Dio per avermi accompagnato in
quell’avventura di crescita e maturità. Ho imparato che quando Dio permette ad un
suo figlio di ammalarsi al punto da dover essere ricoverato in ospedale, è
perché lì c’è qualcuno che ha bisogno di ascoltare il Vangelo. Non sempre ero
in grado di parlare o testimoniare, ma quando potevo coglievo l’occasione di
farlo. Lodo Dio per una anziana suora che ha accettato il Signore nel corso del
mio primo ricovero a Roma, ha tolto i suoi abiti ecclesiastici ed ora sono
sicura ha indossato la sua veste bianca di cui ci parla Giovanni in Apocalisse.
Dal
1995, grazie all’intervento di Davide Tucker, ho iniziato a lavorare a Perugia
presso Radio Luce a fianco di una famiglia missionaria, i Whitman. Le sfide non sono assolutamente
finite, anzi, in questi 18 anni ne abbiamo affrontate tante insieme, ma con
esse abbiamo anche sperimentato grandi vittorie, abbiamo visto Dio all’opera
nella vita di molte persone raggiunte dal Vangelo tramite la radio, la TV, l’evangelizzazione
a tu per tu, seguita dal discepolato. Il Pastore Fred Whitman ha iniziato la
chiesa qui con 2 donne anziane: ora la domenica superiamo quasi regolarmente il
centinaio di persone. Con la radio, in modo particolare, possiamo entrare in
case, ospedali, prigioni (fino ad ora il pastore Fred ha predicato e insegnato regolarmente
in 5 carceri) e in luoghi che non potremmo mai raggiungere personalmente. Ora,
con lo streaming audio, siamo ascoltati veramente fino all’estremità della
terra: abbiamo ricevuto riscontri dal Giappone, dal Messico, dagli Sati Uniti e
da altri paesi da parte di italiani che ci ascoltano.
IL
brano della Scrittura che Dio usa per continuare a incoraggiarmi e spingermi avanti,
nonostante momenti o situazioni difficili, si trova in Isaia, 40:28-31: “Non
lo sai tu? Non l'hai mai udito?Il SIGNORE è Dio eterno, il Creatore degli
estremi confini della terra; Egli non si affatica e non si stanca;la Sua
intelligenza è imperscrutabile. Egli dà forza allo stanco e accresce il vigore
a colui che è spossato. I giovani si affaticano e si stancano;i più forti
vacillano e cadono; ma quelli che sperano nel Signore acquistano nuove forze, si
alzano a volo come aquile, corrono e non si stancano, camminano e non si
affaticano.”
Diverse
volte, a causa della mia malattia, mi sono trovata vicina alla morte fisica e,
soprattutto l’ultima volta, ero strepitosamente felice e pronta di andare a
Casa da mio Padre. Quando ho riaperto gli occhi, risvegliandomi dopo un po’ di
tempo, guardando la mia stanza d’ospedale ero veramente delusa di essere ancora
qui sulla terra, ma ho capito che c’è ancora del lavoro da fare e, fino al
momento in cui vedrò faccia a faccia il mio Signore, intendo servirlo ed
onorarlo con tutte le mie forze. Mi chiedo spesso perché Dio abbia scelto proprio
me per il Suo servizio alla radio… poteva scegliere qualcuno più intelligente,
più capace, meno handicappato di me… e Dio mi ricorda che “La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta
nella debolezza». E la mia risposta a questa promessa è: “Perciò molto volentieri mi vanterò
piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me.
Per questo mi compiaccio in debolezze,(…) in necessità, (…) in angustie per
amor di Cristo; perché, quando sono debole, allora sono forte.”(2 Corinzi
12:8-10)
A Dio sia la Gloria.
Maria
Luisa Cini
Ciao carissima..... pensa è da anni che ci conosciamo ma non conoscevo la tua testimonianza,o non sapevo certe cose. Testimonianza straordinaria e davvero incorraggiante. :-)
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