Non so voi, ma io sono veramente triste ogni volta che sento un notiziario o che vedo le immagini del tremendo terremoto che ha sconvolto il nostro centr'Italia. Mi ricorda la paura e la tragedia del Friuli, 1976, quando, per un certo periodo, anche la mia famiglia ha dormito in tenda e, successivamente, in un prefabbricato finché la casa non fu dichiarata agibile e il pericolo di crolli non fosse passato. Ma proprio nel bel mezzo di quella tragedia Dio mi ha incontrata e salvata. Dio può essere glorificato in mezzo a questi disastri naturali? Dio può essere conosciuto e amato quando tutto il tuo mondo crolla? Trasmetto a tutti voi questo articolo di Jonathan Gilmore che ho letto proprio ieri sera e che ha dato risposta a domande profonde e reali che molte persone si pongono dinanazi a eventi fuori dal nostro controllo. Sono certa che edificherà voi quanto ha fatto in me.
La
tragedia è immane. La sofferenza indicibile. Viene la voglia di
abbracciare e confortare tutta la gente angosciata, colpita così
duramente lì nel centro Italia, ad Amatrice, Accumoli, Arquata e Pescara
del Tronto. Già, confortare.
Ma come si fa a trovare conforto in
momenti così sconfortanti? Esiste un senso in una tragedia così? Dove
trovare la forza per andare avanti, per affrontare oggi o domani? Una
giornalista della CNN, ripresa mentre avveniva un’altra forte scossa, ha
esclamato: ‘O Gesù!’ Già. Gesù. Ma è davvero plausibile pensare a un
Gesù presente e attivo, a questo Dio che a tanti adesso pare essere
molto distante e che per tanti altri, proprio come per la giornalista, è
quasi esclusivamente una esclamazione scaramantica e nient’altro?
In
occasioni come questa, si propende sia per una reazione rabbiosa nei
confronti del silenzio di Dio, sia per un risveglio dell’interesse
religioso – almeno fin quando finisce la crisi, fin quando il pericolo è
scampato e l’accaduto tragico rimane solo un fievole ricordo. Poi si
può, in qualche modo, tornare alla vita ‘normale’ di ogni giorno.
Assistendo
sgomenti a quanto accade cerchiamo risposte e, francamente, non ne
troviamo – o per lo meno, non le spiegazioni che vorremo. Sì, è
possibile parlare di colpe umane laddove sono state prese delle
scorciatoie per motivi finanziari, a discapito della sicurezza. Semmai
qualcuno ha fallito dovrebbe affrontare la giustizia. Ma, onestamente,
aldilà di colpe, qui si tratta di un evento ‘naturale’ – di quella
natura tanto maestosa quanto spietata.
E a questo punto dobbiamo
chiederci quale narrativa abbiamo non solo per spiegare l’accaduto, ma
anche per poi continuare ad affrontare la vita che ci sta avanti. E,
appunto, quale narrativa adottare per valutare una vita che può essere
spezzata in pochi secondi, in mezzo alla notte. Così, senza preavviso.
Possiamo prendercela con Dio, accusandolo di impotenza, ma il nostro
dilemma rimane. Come e dove trovare conforto? Possiamo dare la colpa ad
un crudele destino, ma questo rimane una ‘’spiegazione’ davvero di poco
conforto.
Ecco, quindi, che vorrei permettermi di dare una
prospettiva forse diversa dal consueto, sperando che sia di aiuto e
consolazione.
1. Il mondo è rovinato. Su questo
non ci piove. Da un lato abbiamo questi eventi naturali che ci
travolgono – terremoti, tsunami, tifoni, valanghe, inondazioni. E
dall’altro abbiamo la cattiveria di dittatori, killer seriali, maniaci,
egoisti. Non a caso viene la vita viene chiamata ‘una valle di lacrime’.
E in questi giorni ci sentiamo tutti colpiti duramente fino alle
lacrime. E vaghiamo alla ricerca di conforto.
2. Non capiamo. Troppo
spesso, credo, ci inerpichiamo in tentativi fantasiosi e speculativi
per capire perché ciò che accade, accade. Cerchiamo di capire e
spiegare. Di definire l’indefinibile, iniziando proprio da Dio. Cercando
di obbligarlo a darci spiegazioni. Anche se non abbiamo le carte in
regola per capire, visto che noi, fino a prova contraria, non siamo Dio. Per
quanto possa apparire una affermazione retorica, rimane la
straordinaria rilevanza del testo biblico: “«Infatti i miei pensieri non
sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie», dice il
SIGNORE. «Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le
mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri
pensieri.” (Isaia 55:8-9). E’ questo è anche vero per la tragedia di
fine agosto 2016. Non so voi, ma il fatto che non ho bisogno di capire
per forza mi conforta. Così come mi conforta il fatto che Dio capisce.
3. Tutto andrà bene. Parole
straordinarie nella Scrittura: “E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro
occhi, e non ci sarà più la morte, né cordoglio né grido né fatica,
perché le cose di prima son passate.” (Apocalisse 21:4). Già: una nuova
terra. Una realtà dove la morte, ultimo nemico, sarà sconfitto. Avere
questa prospettiva cambia la narrativa attuale. Pensandoci, sono
distrutto quando alcune centinaia di persone muoiono in un’istante. Ma
la morte rimane elemento quotidiano con cui convivere. Se non per
vecchiaia, sarà per malattia, o altra forma di incidente imprevedibile.
Ma noi tendiamo a crearci una scala di valutazione, rimanendo scioccati
da certe morti, ma non da altre. Eppure il problema è la morte. E non si
scappa. Tutto non andrà bene. Troveremo cure, aumenterà il benessere,
la longevità si allungherà ancora, ma la morte rimane lì, in un’attimo,
un istante. Solo la prospettiva di un giorno quando non ci sarà morte,
ci consola, ci permette di ri-narrare quanto accade oggi, tenendo
presente che un giorno: tutto andrà bene.
4. Consolati. Per
me, in queste ore di travaglio personale davanti a immagini tristi di
vite spezzate e di tragedia indicibile, diventa essenziale trovare una
autentica consolazione. E’ questa la notizia più importante. Una nuova
narrativa, un modo diverso di ri-narrare l’accaduto di questi giorni, di
ogni giorno. E’ la notizia è che per quanto duro, difficile ed arduo
possiamo andare avanti con la consolazione che Dio stesso ci da’. E la
consolazione non sta nella spiegazione, ma sta in chi Lui è – è davvero
Dio, davvero in controllo. E la ‘lente di lettura’ della vita di ogni
giorno è il vangelo – la buon notizia, che afferma che il mondo è
rovinato e noi siamo in uno stato di grande bisogno, ma Gesù da’ se
stesso per darci una relazione con Sé che nessuna cosa potrà togliere.
Ne’ terremoto, ne tsunami, ne malattia, ne vecchiaia.
“Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore.”(Romani 8:38-39).
Al
punto che ogni cosa diventa una opportunità per vivere il vangelo –
questa storia di grazia immeritata che viene offerta liberamente. Ed
ecco che non diventiamo più vittime della vita, ma protagonisti di una
narrativa di redenzione. L’apostolo Paolo la spiega così: “Benedetto sia
il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre misericordioso e
Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra
afflizione, affinché, mediante la consolazione con la quale siamo noi
stessi da Dio consolati, possiamo consolare quelli che si trovano in
qualunque afflizione.” (2 Cor. 1:3-4)
Non
voglio sembrare semplicista con un approccio di apparente facile
riduttismo. Ma voglio dirti che sono consolato avendo una narrativa
vangelocentrica che mi permette, ci permette, laddove lo abbracciamo, di
essere consolati. Forse ti pare poco. Eppure laddove rigetti questa
grande consolazione ti ritrovi con un profondo dolore, una paura
percepita e una paralizzante insicurezza davanti a quell’attimo che
tutto cambia, che tutto porta via.
“Dio è per noi un rifugio e una forza, un aiuto sempre pronto nelle difficoltà.Perciò non temiamo se la terra è sconvolta, se i monti si smuovono in mezzo al mare, se le sue acque rumoreggiano, schiumano e si gonfiano, facendo tremare i monti. C’è un fiume, i cui ruscelli rallegrano la città di Dio, il luogo santo della dimora dell’Altissimo.Dio si trova in essa: non potrà vacillare. Dio la soccorrerà al primo chiarore del mattino.”(Salmo 46:1-5)”
JD Gilmore, Direttore di Impatto Italia
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