sabato 20 giugno 2020

DIO ALL'OPERA DIETRO LE QUINTE PER UN NUOVO INIZIO


Quando nonna nel 1977 ebbe un ictus che la rese paralizzata, fu messa in casa di riposo perché mamma non riusciva ad occuparsi di lei, quindi iniziai ad occuparmi io della casa. Facevo la spesa, le pulizie e cucinavo. Mia nonna mi aveva insegnato molte cose. Certo, lei era molto severa: voleva tutto ordinato e ben pulito, veniva a controllare se avevo pulito bene e se non era contenta, me lo faceva rifare. Io brontolavo perché volevo uscire fuori a giocare. Un giorno, avrò avuto circa 8-9 anni, mi stancai così tanto dei suoi continui brontolii riguardo ai miei giochi fuori posto, che presi un sacco, li misi tutti dentro e li buttai nella spazzatura. Pensai: “ora non potrà dirmi più niente”. Naturalmente il giorno dopo rimpiansi quel gesto perché non avevo più niente, se non una piccola bambolina. Premetto che avevo una stanza con tre letti e due armadi, dove io dormivo con mia sorella e mia nonna. Lo spazio era davvero piccolo. 

Mia madre lavorava tutto il giorno per sostenerci dato che Lino spendeva tutti i soldi nei bar per bere con gli amici. Spesso mi diceva di non andare a scuola perché dovevo occuparmi della casa. Alcune volte riuscivo a trovare la scusa che avevo un’interrogazione perché preferivo andare a scuola che occuparmi della casa. A causa di questo e della situazione famigliare, non riuscii a completare le medie e lasciai la scuola dopo essere stata bocciata in seconda media. Posso comunque dire che questa situazione mi è servita per crescere, per imparare ad occuparmi della casa, per essere autonoma e diventare quella che sono oggi. Certo, a quel tempo non lo apprezzavo e mi pesava, ma oggi sono grata perché quelle circostanze mi hanno formato. 

Un giorno mia sorella ci venne a trovare, ogni tanto lo faceva, ma questa volta era diverso; iniziò a parlarmi di Dio e del Suo amore per me, di Gesù e della Bibbia. Io avevo circa 14 anni, ero timida e non parlavo molto a causa del mio problema di balbuzie, che mi trascinavo dalle elementari. Ogni volta che veniva a casa, Maria Luisa mi parlava dell’amore di Dio per me, del sacrificio di Gesù Cristo e dell’inferno. Io l’ascoltavo senza dire niente, ma dentro di me ero arrabbiata con Dio per la vita che mi aveva dato e dicevo tra me: “l’inferno già lo sto vivendo, peggio di così non c’è”. Quando poteva, mia sorella m’invitava ad andare a casa sua a Pordenone, cinquanta chilometri da Udine. Io andavo volentieri, ma solo per uscire un po’ da casa mia; ricordo che ogni volta che dovevo prendere il treno per rientrare a casa scoppiavo a piangere perché non volevo tornare in quell’inferno. Quando ero a Pordenone, mia sorella mi portava alla chiesa evangelica che frequentava. Lì mi colpì subito la serenità che respiravo e i volti felici delle persone che incontravo. A causa delle esperienze vissute del passato, dicevo fra me e me: “vorrei vederli a casa come si comportano, con i loro figli, fra coniugi…” Per me, la loro era solo una facciata. 

Col passare del tempo, andando anche a casa dei fratelli della chiesa, mi resi conto che loro erano veri, che la loro fede la vivevano 24 ore al giorno, mentre io ero totalmente infelice. Un giorno chiesi a mia sorella: “Ma qual è la religione giusta? Come faccio a sapere quale seguire?” La sua risposta fu: “Non devi seguire una religione, ma la Bibbia, che è l’unica verità. Lì puoi conoscere Dio e il Suo grande amore per te”. Iniziai a fare uno studio biblico con Vicki, un’amica missionaria di mia sorella, quando stavo a Pordenone. Ascoltavo e imparavo molte cose, ma quando rientravo a casa non pensavo più a quel Dio di amore, ma a un Dio che mi faceva soffrire. Nel dicembre del 1982, all’età di 16 anni, una sera non riuscivo a dormire e mi tornarono alla mente le parole di Maria Luisa: Dio, Gesù, perdono, inferno… e poi pensai alla mia vita, a quanto la odiavo e al fatto che, se avessi avuto il coraggio, l’avrei fatta finita. Un giorno mi mancò poco dal farlo, mi frenò il timore dell’inferno per chi si toglie la vita. Ma che razza di futuro avevo? Quindi mi inginocchiai e, piangendo, iniziai a pregare e dissi: “Se è vero che esisti Dio, se è vero che Gesù è morto per me, per darmi una nuova vita, un futuro, per perdonarmi, allora ci voglio provare, non ho niente da perdere, tanto peggio di così non può andare”. Chiesi perdono a Dio per i miei peccati e decisi di credere al sacrificio di Gesù che era morto per me. Poi ritornai a letto e mi addormentai. 

La mattina dopo, come mi svegliai, mi ricordai di ciò che era successo la sera prima e affrontai la giornata aspettandomi qualcosa da Dio. Ricordo che ero serena, avevo una pace mai provata prima. La giornata proseguì come al solito, preparai il pranzo e il mio patrigno cominciò a mangiare. Come era solito fare, iniziò a brontolare per il pranzo, non gli andava mai bene niente, o perché troppo caldo, o perché troppo freddo, o salato o non sapeva di niente, e anche quel giorno era la solita cosa. Le circostanze non erano cambiate, ma qualcosa era cambiato in me: iniziai a sorridere, mi faceva ridere il suo continuo brontolare, mi accorsi che le sue parole non mi ferivano più come prima, era come se Dio mi avesse avvolta fra le Sue braccia e niente più mi faceva male. Iniziai a ringraziare Dio. Era vero quello che mia sorella mi raccontava, ora lo stavo sperimentando. Ero gioiosa, non perché Dio aveva cambiato le circostanze, ma perché stava cambiando me. Iniziai così a leggere la Bibbia, ora sentivo Dio più vicino a me e le mie preghiere non si fermavano al soffitto, sapevo che arrivavano a Dio. Dio aveva iniziato un’opera in me. 

“E ho questa fiducia: che colui che ha cominciato in voi un’opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” Filippesi 1:6.

A Udine non c’era ancora la chiesa, mia sorella a quel tempo stava facendo la Scuola Biblica a Roma e io ero troppo timida per andare a Pordenone da sola. Ma Dio era fedele, aveva iniziato un’opera in me e la Sua Parola mi rendeva sempre più forte. Iniziai a fare degli studi biblici da sola, con dei libretti come: “10 passi per la maturità cristiana” e simili. Maria Luisa mi scriveva continuamente lettere di incoraggiamento. C’era anche uno studente della scuola, Luigi, che ebbe a cuore di scrivermi per incoraggiarmi a restare ferma in Dio, le loro lettere sono state di grande aiuto per me. Dio si serve di ogni mezzo per stare vicino ai Suoi figli. Dopo un anno mi battezzai, perché volevo che Cristo fosse il mio Signore, non solo il mio Salvatore. 

In quel periodo, Dio mi protesse davvero molto: stavo iniziando a conoscere dei ragazzi, per lo più militari. A quel tempo c’erano molte caserme a Udine e sabato e domenica vedevi solo loro in giro. Io e la mia amica Rita, andavamo in giro per la città, e spesso ci capitava di fare la loro conoscenza, eravamo lusingate dalle loro attenzioni e alle volte uscivamo con alcuni di loro. Certo, per loro noi eravamo solo un passatempo mentre per noi erano le prime esperienze con i ragazzi. A me, che ero bisognosa di affetto umano, non dispiaceva affatto sentirmi voluta. Una volta mi presi una bella cotta per uno di loro, mi ascoltava e mi sentivo capita e coccolata. Ringrazio Dio che un giorno non venne all’appuntamento che ci eravamo dati e da quel giorno non lo vidi più. Dio era intervenuto in mio soccorso e non ha permesso il peggio. In quella circostanza compresi quanto fossi debole riguardo ai ragazzi e così iniziai a chiedere a Dio di non permettere che io conoscessi altri uomini non credenti. Questa fu la mia preghiera costante nella mia giovinezza. Volevo un uomo che amasse il Signore come me, che avesse a cuore la priorità di servirlo come volevo fare io. E così fu, Dio è stato fedele per molti anni alla mia preghiera e nel 1996 conobbi l’uomo che poi diventò mio marito, Tonino Mele. 

Dio ci fa aspettare, non risponde subito alle nostre richieste, ma ci risponde al momento giusto per darci ciò che è il meglio per noi. Dio aveva molto lavoro da fare in me prima di farmi diventare moglie e madre. Egli si è servito di molte persone nella mia vita per farmi diventare quella che sono oggi. Quindi vi incoraggio a non affrettare i tempi solo perché vi volete sposare. Con la troppa fretta si può sbagliare. Io ringrazio Dio per il tempo che mi ha fatto aspettare, per come mi ha modellata, per avermi dato poi l’uomo giusto per me e aver fatto di me la donna giusta per lui. 

“Lo zelo senza conoscenza non è cosa buona; chi cammina in fretta sbaglia strada” (Proverbi 19:2).

(Annalisa Cini, tratto dal Libro Biografico COME VASI D'ARGILLA NELLE SUE MANI, ed. Casa Biblica, Vicenza)

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