Quando nonna nel 1977 ebbe un ictus che la rese
paralizzata, fu messa in casa di riposo perché mamma non riusciva ad occuparsi
di lei, quindi iniziai ad occuparmi io della casa. Facevo la spesa, le pulizie
e cucinavo. Mia nonna mi aveva insegnato molte cose. Certo, lei era molto
severa: voleva tutto ordinato e ben pulito, veniva a controllare se avevo
pulito bene e se non era contenta, me lo faceva rifare. Io brontolavo perché
volevo uscire fuori a giocare. Un giorno, avrò avuto circa 8-9 anni, mi stancai
così tanto dei suoi continui brontolii riguardo ai miei giochi fuori posto, che
presi un sacco, li misi tutti dentro e li buttai nella spazzatura. Pensai: “ora
non potrà dirmi più niente”. Naturalmente il giorno dopo rimpiansi quel gesto
perché non avevo più niente, se non una piccola bambolina. Premetto che avevo
una stanza con tre letti e due armadi, dove io dormivo con mia sorella e mia
nonna. Lo spazio era davvero piccolo.
Mia madre lavorava tutto il giorno per sostenerci dato
che Lino spendeva tutti i soldi nei bar per bere con gli amici. Spesso mi
diceva di non andare a scuola perché dovevo occuparmi della casa. Alcune volte
riuscivo a trovare la scusa che avevo un’interrogazione perché preferivo andare
a scuola che occuparmi della casa. A causa di questo e della situazione
famigliare, non riuscii a completare le medie e lasciai la scuola dopo essere
stata bocciata in seconda media. Posso comunque dire che questa situazione mi è
servita per crescere, per imparare ad occuparmi della casa, per essere autonoma
e diventare quella che sono oggi. Certo, a quel tempo non lo apprezzavo e mi
pesava, ma oggi sono grata perché quelle circostanze mi hanno formato.
Un giorno mia sorella ci venne a trovare, ogni tanto
lo faceva, ma questa volta era diverso; iniziò a parlarmi di Dio e del Suo
amore per me, di Gesù e della Bibbia. Io avevo circa 14 anni, ero timida e non
parlavo molto a causa del mio problema di balbuzie, che mi trascinavo dalle
elementari. Ogni volta che veniva a casa, Maria Luisa mi parlava dell’amore di
Dio per me, del sacrificio di Gesù Cristo e dell’inferno. Io l’ascoltavo senza
dire niente, ma dentro di me ero arrabbiata con Dio per la vita che mi aveva
dato e dicevo tra me: “l’inferno già lo sto vivendo, peggio di così non c’è”.
Quando poteva, mia sorella m’invitava ad andare a casa sua a Pordenone,
cinquanta chilometri da Udine. Io andavo volentieri, ma solo per uscire un po’
da casa mia; ricordo che ogni volta che dovevo prendere il treno per rientrare
a casa scoppiavo a piangere perché non volevo tornare in quell’inferno. Quando
ero a Pordenone, mia sorella mi portava alla chiesa evangelica che frequentava.
Lì mi colpì subito la serenità che respiravo e i volti felici delle persone che
incontravo. A causa delle esperienze vissute del passato, dicevo fra me e me:
“vorrei vederli a casa come si comportano, con i loro figli, fra coniugi…” Per
me, la loro era solo una facciata.
Col passare del tempo, andando anche a casa
dei fratelli della chiesa, mi resi conto che loro erano veri, che la loro fede
la vivevano 24 ore al giorno, mentre io ero totalmente infelice. Un giorno
chiesi a mia sorella: “Ma qual è la religione giusta? Come faccio a sapere
quale seguire?” La sua risposta fu: “Non devi seguire una religione, ma la
Bibbia, che è l’unica verità. Lì puoi conoscere Dio e il Suo grande amore per
te”. Iniziai a fare uno studio biblico con Vicki, un’amica missionaria di mia
sorella, quando stavo a Pordenone. Ascoltavo e imparavo molte cose, ma quando
rientravo a casa non pensavo più a quel Dio di amore, ma a un Dio che mi faceva
soffrire. Nel dicembre del 1982, all’età di 16 anni, una sera non riuscivo a
dormire e mi tornarono alla mente le parole di Maria Luisa: Dio, Gesù, perdono,
inferno… e poi pensai alla mia vita, a quanto la odiavo e al fatto che, se
avessi avuto il coraggio, l’avrei fatta finita. Un giorno mi mancò poco dal
farlo, mi frenò il timore dell’inferno per chi si toglie la vita. Ma che razza
di futuro avevo? Quindi mi inginocchiai e, piangendo, iniziai a pregare e
dissi: “Se è vero che esisti Dio, se è vero che Gesù è morto per me, per darmi
una nuova vita, un futuro, per perdonarmi, allora ci voglio provare, non ho
niente da perdere, tanto peggio di così non può andare”. Chiesi perdono a Dio
per i miei peccati e decisi di credere al sacrificio di Gesù che era morto per
me. Poi ritornai a letto e mi addormentai.
La mattina dopo, come mi svegliai,
mi ricordai di ciò che era successo la sera prima e affrontai la giornata
aspettandomi qualcosa da Dio. Ricordo che ero serena, avevo una pace mai
provata prima. La giornata proseguì come al solito, preparai il
pranzo e il mio patrigno cominciò a mangiare. Come era solito fare, iniziò a
brontolare per il pranzo, non gli andava mai bene niente, o perché troppo
caldo, o perché troppo freddo, o salato o non sapeva di niente, e anche quel
giorno era la solita cosa. Le circostanze non erano cambiate, ma qualcosa era
cambiato in me: iniziai a sorridere, mi faceva ridere il suo continuo
brontolare, mi accorsi che le sue parole non mi ferivano più come prima, era
come se Dio mi avesse avvolta fra le Sue braccia e niente più mi faceva male.
Iniziai a ringraziare Dio. Era vero quello che mia sorella mi raccontava, ora
lo stavo sperimentando. Ero gioiosa, non perché Dio aveva cambiato le
circostanze, ma perché stava cambiando me. Iniziai così a leggere la Bibbia,
ora sentivo Dio più vicino a me e le mie preghiere non si fermavano al
soffitto, sapevo che arrivavano a Dio. Dio aveva iniziato un’opera in me.
“E ho
questa fiducia: che colui che ha cominciato in voi un’opera buona, la condurrà
a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” Filippesi 1:6.
A Udine non c’era ancora la chiesa, mia sorella a quel
tempo stava facendo la Scuola Biblica a Roma e io ero troppo timida per andare
a Pordenone da sola. Ma Dio era fedele, aveva iniziato un’opera in me e la Sua
Parola mi rendeva sempre più forte. Iniziai a fare degli studi biblici da sola,
con dei libretti come: “10 passi per la maturità cristiana” e simili. Maria
Luisa mi scriveva continuamente lettere di incoraggiamento. C’era anche uno studente
della scuola, Luigi, che ebbe a cuore di scrivermi per incoraggiarmi a restare
ferma in Dio, le loro lettere sono state di grande aiuto per me. Dio si serve
di ogni mezzo per stare vicino ai Suoi figli. Dopo un anno mi battezzai, perché
volevo che Cristo fosse il mio Signore, non solo il mio Salvatore.
In quel periodo, Dio mi protesse davvero molto: stavo
iniziando a conoscere dei ragazzi, per lo più militari. A quel tempo c’erano
molte caserme a Udine e sabato e domenica vedevi solo loro in giro. Io e la mia
amica Rita, andavamo in giro per la città, e spesso ci capitava di fare la loro
conoscenza, eravamo lusingate dalle loro attenzioni e alle volte uscivamo con
alcuni di loro. Certo, per loro noi eravamo solo un passatempo mentre per noi
erano le prime esperienze con i ragazzi. A me, che ero bisognosa di affetto
umano, non dispiaceva affatto sentirmi voluta. Una volta mi presi una bella
cotta per uno di loro, mi ascoltava e mi sentivo capita e coccolata. Ringrazio
Dio che un giorno non venne all’appuntamento che ci eravamo dati e da quel
giorno non lo vidi più. Dio era intervenuto in mio soccorso e non ha permesso
il peggio. In quella circostanza compresi quanto fossi debole riguardo ai
ragazzi e così iniziai a chiedere a Dio di non permettere che io conoscessi
altri uomini non credenti. Questa fu la mia preghiera costante nella mia
giovinezza. Volevo un uomo che amasse il Signore come me, che avesse a cuore la
priorità di servirlo come volevo fare io. E così fu, Dio è stato fedele per
molti anni alla mia preghiera e nel 1996 conobbi l’uomo che poi diventò mio
marito, Tonino Mele.
Dio ci fa aspettare, non risponde subito alle nostre
richieste, ma ci risponde al momento giusto per darci ciò che è il meglio per
noi. Dio aveva molto lavoro da fare in me prima di farmi diventare moglie e
madre. Egli si è servito di molte persone nella mia vita per farmi diventare
quella che sono oggi. Quindi vi incoraggio a non affrettare i tempi solo perché
vi volete sposare. Con la troppa fretta si può sbagliare. Io ringrazio Dio per
il tempo che mi ha fatto aspettare, per come mi ha modellata, per avermi dato
poi l’uomo giusto per me e aver fatto di me la donna giusta per lui.
“Lo zelo senza conoscenza non è cosa
buona; chi cammina in fretta sbaglia strada” (Proverbi 19:2).
(Annalisa Cini, tratto dal Libro Biografico COME VASI D'ARGILLA NELLE SUE MANI, ed. Casa Biblica, Vicenza)
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